Iniziamo il 2021 con una nuova intervista di Silvia Superbi a Federica De Benedittis sulle competenze trasversali e il coaching per il Terzo Settore, affrontando anche il tema del senso di umanità che lega tutti noi e che ci consegna al mondo come assolutamente interdipendenti o quello di accettare completamente il cambiamento per crescere ed evolvere.
Federica De Benedittis è la Responsabile Raccolta Fondi e Comunicazione di Apurimac Onlus ed è esperta di Coaching e Competenze Trasversali per il Terzo Settore.
Cara Federica, è un grande piacere poter approfondire il tema delle Competenze Trasversali o Soft skills, puoi spiegare in poche parole di cosa si tratta? e quale può essere il contributo di un percorso proiettato in un ente del Terzo Settore?
Dunque, parlare di competenze trasversali significa affrontare argomenti insiti nel mondo delle organizzazioni, ambienti strutturati fatti principalmente di persone. Come afferma saggiamente il Prof. Fabrizio Dafano della cattedra di Organizzazione Aziendale di Roma Tre “le soft skills non sono una scoperta dei nostri giorni, bensì rappresentano da sempre un anelare dell’uomo verso le proprie qualità superiori, altrimenti denominate virtù, rispetto al mare delle tecniche applicative”. Dalla mia esperienza ho appreso che gli aspetti tecnici non sono più sufficienti per raggiungere gli obiettivi di sviluppo e crescita che le Organizzazioni si pongono. E’, infatti, necessario dare lo spazio adeguato alle cosiddette competenze trasversali o relazionali ed emotive per fare in modo che processi, tecniche e strumenti possano essere applicati agevolmente. Inoltre, rafforzare le competenze trasversali migliora moltissimo il clima lavorativo, rende le persone più soddisfatte, realizzate e compatte per raggiungere obiettivi comuni. Questo genera fluidità del lavoro, una migliore capacità di concentrazione, stima e comprensione reciproca, abilità quasi automatiche nel risolvere problematiche anche complesse, stimola la creatività del singolo e del gruppo, promuovendo solidità nel team.
Con alcuni colleghi di EUconsult Italia all’interno del mio progetto THE GOODSKILL stiamo organizzando dei laboratori formativi orientati al riconoscimento e al rafforzamento di queste competenze le quali, anche a livello internazionale sono sempre più considerate come chiave per il miglioramento e lo sviluppo delle Organizzazioni in particolar modo quelle del Terzo Settore. Un altro strumento che da tempo porto avanti e che sta avendo un ottimo riscontro e buoni risultati sono i percorsi individuali di sviluppo della leadership e della gestione del lavoro di gruppo, basati su modelli scientifici ed ampiamente sperimentati nel mondo aziendale ed accademico.
EUconsult Italia, Associazione il cui obiettivo è lo sviluppo e la crescita professionale dei soci che operano nel Terzo Settore, è particolarmente attenta alle discipline che possano affiancare e stimolare professionisti e organizzazioni. In particolare, che tipo di supporto il coaching e i laboratori sulle soft skills potrebbero apportare ad un singolo professionista che in questo momento sta affrontando le sfide che la crisi ci pone dinnanzi?
Impegnarsi per essere consapevoli e sviluppare o potenziare le proprie abilità relazionali è di fondamentale importanza in questo momento di cambiamenti repentini, forte incertezza e volatilità in cui vengono richieste delle capacità adattive. Negli ultimi anni il contesto socio-economico globale è notevolmente cambiato e tutti noi siamo immersi in una realtà mutevole che richiede capacità di adattamento e di innovazione. E’ sempre più necessario trovare soluzioni che si ritaglino ai propri contesti e alle proprie caratteristiche escludendo risposte standardizzate. C’è bisogno del cosiddetto “pensiero divergente”, di metodi di lavoro che generano creatività, valorizzazione del singolo e attenzione al contributo di ognuno a prescindere dal ruolo e dalla gerarchia. Abbiamo necessità di una leadership basata sulle capacità umane più che tecniche, come quella di saper ascoltare e valorizzare collaboratori credendo fortemente nelle loro abilità di generare contributi innovativi. E’ fondamentale in particolar modo per le OTS costruire una leadership che sappia ispirare verso una visione globale e crei valore condiviso prima di tutto all’interno, per far sì che si generi poi impatto sociale significativo.
Vorrei che tu ci raccontassi delle tue esperienze nel campo della cooperazione internazionale, e come queste hanno rafforzato in te l’idea di sviluppare dei percorsi di coaching nel Terzo Settore.
Le differenze culturali e le profonde diversità di contesti che ho sperimentato mi hanno dato il privilegio di toccare con mano la capacità delle persone (sia beneficiari che cooperanti ed espatriati) di affrontare situazioni estremamente critiche in Paesi in cui l’emergenza è una costante. Le esperienze sul terreno mi hanno fatto comprendere che più di ogni altra soluzione, oltre alla logistica e alla preparazione tecnico professionale, contava la capacità di resistere, di adattarsi e prendere forme “assorbenti” della sofferenza. La sopportazione, la perseveranza, la capacità di andare avanti e ricostruire, l’ accettazione non passiva della condizione di povertà e disagio. L’accettazione delle differenze, la comprensione e la compassione verso l’altro come essere umano riconosciuto identico nei bisogni e nei diritti. Quando ero in Croce Rossa uno dei principi fondamentali che legava lo staff di volontari e professionisti alla missione era quello di Umanità, valore centrale ancor più laddove gli esseri umani si organizzano e convivono sia essa una società sia essa una famiglia o un’organizzazione di lavoro. Questo principio è da sempre stato la stella polare che mi ha guidato, ispirato, che mi ha permesso di sperimentare modelli di resistenza e di evoluzione. Per questo, se mi posso concedere una licenza, mi sento di poter dire che tutto quello che riguarda le competenze trasversali tratta proprio del senso profondo di umanità che lega tutti noi e che ci consegna al mondo come assolutamente interdipendenti.
Quale tipo di formazione ed esperienza sono necessari per affiancare un ente Non Profit con un percorso di coaching?
Per affiancare un ente Non Profit in un percorso significativo sulle competenze trasversali serve certamente la comprensione dell’essere umano e delle sue più basilari strutture cognitive ed emozionali, ma serve anche studio continuo e sperimentazione di contenuti e di metodi che siano capaci di inserirsi essere accettati e applicati efficacemente in contesti complessi come quelli associativi. Tutto questo affiancato da una profonda passione ed esperienza diretta nelle Organizzazioni.
In questo momento storico così particolare per tutti noi, vedi ulteriori riflessioni necessarie in questo ambito? Può il coach essere di aiuto alle organizzazioni del Terzo Settore per avviare quelle scelte necessarie per la ripartenza?
Ciò che mi fa riflettere molto in questo ultimo periodo rispetto a ciò che accade nelle organizzazioni è l’atteggiamento di alcuni manager. In molti casi i coordinatori e i dirigenti dimostrano perdita di certezze e una conseguente difficoltà ad uscire dalla propria sfera di stabilità determinata e delimitata da abitudini, routine e modalità di lavoro apprese nel passato che sembra che niente o nessuno possa scardinare. In particolare, in questo momento sta emergendo una mancanza di “coraggio” ad accettare pienamente il cambiamento e quando parlo di coraggio lo intendo come una delle competenze che ritengo molto importanti, una di quelle che nel mondo classico venivano chiamate appunti virtù, la cui meravigliosa etimologia è cor habeo, ossia avere a cuore, che possiamo più semplicemente esprimere come tenere a qualcosa. Ecco, quando si tiene qualcosa, si ha la capacità e la forza di fare tutto facendo appello ad ogni risorsa interiore. Se manca il coraggio ci fermiamo di fronte a ciò che ci spaventa e rimaniamo fermi senza possibilità di ispirare e guidare gli altri.
Fatte queste considerazioni, ritengo che quello attuale sia proprio il momento più adatto per investire sulle competenze trasversali perché ci fortificano, ci danno quelle capacità per guardare le cose e i fenomeni incontrollabili in altro modo per trarre opportunità dalle criticità e tentare di ridurre i rischi e rinascere in una forma diversa e più adeguata e magari migliore della precedente.