Silvia Superbi ha intervistato Anna Fabbricotti, direttore della raccolta fondi e comunicazione di Opera Cardinal Ferrari di Milano, consulente e docente, esperta di high value donors, comunicazione e sviluppo del territorio, mamma e moglie felice. “Conoscere, apprendere e poi condividere, affrontare insieme” questo il suo modo di fare fundraising da sempre – oggi ancora più attuale a causa della crisi Covid.
Anna, prima di tutto mi piacerebbe che tu raccontassi il tuo percorso professionale, sono sempre stata affascinata dal tuo passaggio dal giornalismo al mondo del Non Profit, che per certi versi racconta molto di tanti di noi. Quanto le altre esperienze precedenti ti hanno arricchita? Quanto ti è utile ancora oggi?
Tutto è iniziato più di vent’anni fa, negli anni ‘90 (così confesso subito la mia età)! Sono sempre stata, fin da giovanissima, una volontaria, affascinata dall’impegno civile e dal non profit. Ho studiato comunicazione e giornalismo, ma il mio lavoro in quell’ambito, anche se bello, ha cominciato quasi subito a starmi stretto, non lo sentivo. L’incontro con una malattia rara e un grande presidente, mi hanno trascinata nel non profit, all’inizio come ufficio stampa, ma il salto verso il fundraising è stato breve: quando ho capito che i miei eventi “portavano soldi” ho iniziato a studiare, cercare corsi e libri, per farmi un’idea, e piano piano ho iniziato a scrivere mailing, organizzare banchetti, fare proposte alle aziende. È stata una vera e propria gavetta, lunga e difficile, piena di errori “on the job”, tanti corsi e un master, all’inizio del 2000, la cui direttrice, e una delle mie insegnanti preferite, fu proprio Francesca Zagni, grandissima fundraiser! È un bagaglio ricco e variegato di esperienze che oggi mi porto dietro e ha plasmato le mie competenze. E quel periodo con pochi strumenti, nessuna conoscenza e pochi soldi mi ha educato ad essere determinata e propositiva, in perenne modalità problem solving!
Il tema della comunicazione oggi è quanto mai importante: da esperta fundraiser cosa consigli in questo momento, quale approccio verso i donatori e quale anche verso i beneficiari delle nostre organizzazioni? Cosa manca di più in questo momento e quindi quale gap comunicativo potremo colmare con la nostra professione di fundraiser?
Il mondo del non profit ha da sempre un rapporto problematico con il mondo della comunicazione. C’è l’ansia di raccontarsi, farsi conoscere, la perenne sensazione di essere ignorati, che porta spesso a produrre chilometri di testi, comunicati stampa impossibili da leggere, malcelati tentativi di far sentire in colpa e una profonda autoreferenzialità…un bravo fundraiser ha il dovere di alleggerire, ritrovare un rapporto sereno con la stampa e una comunicazione leggera, chiara, comprensibile ed attraente verso i propri sostenitori. Che, oggi, vogliono semplicità ed onestà. Ed anche verso i media e, perché no, verso i propri beneficiari, che in molti casi sono anche sostenitori. La comunicazione è uno strumento indispensabile per raccogliere fondi, per questo un buon fundraiser deve conoscerla, studiarla.
Ti ho conosciuta come mio mentore, sai che ti stimo molto. Entrambe abbiamo una innata predisposizione verso i grandi donatori e il mondo corporate. Questo è forse il settore che più di tutti gli altri risente della crisi Covid. Come credi il fundraiser corporate possa affrontare questo anno che verrà?
Il rapporto coi grandi donatori e il mondo del corporate è sempre stata la mia passione ed è li che ho sviluppato le maggiori competenze. Sei troppo gentile, ti ringrazio, ma so che anche per te è così, non nasconderlo! La stima è più che reciproca! I problemi sono diversi, secondo me. Con i grandi donatori il tema principale è stata la distanza, la mancanza di incontro, ma, trovato il modo, abbiamo condiviso le paure del momento mantenendo un forte contatto. Con le aziende è peggio: la crisi ha colpito quasi tutti e tra chiusure, incertezze e impedimenti, la situazione è drammatica. Ma anche qui, non tutto è perduto. Ci sono molte aziende in attivo, imprenditori tenaci che hanno saputo rimodulare l’attività e farla ripartire: non hanno più liquidità, sono più attenti, ma hanno, forse più di ieri, voglia di fare la loro parte. Stanno crescendo gli uffici di CSR e molte imprese si propongono apertamente per iniziative di welfare. Dobbiamo essere capaci di trovare nuove forme, nuove modalità di collaborazione. Oggi, più di ieri, è fondamentale levarsi ogni pregiudizio verso il mondo profit, sempre guardato troppo di sbieco: se ci ascoltano è perché vogliono raggiungere lo stesso obiettivo, migliorare la qualità di vita dei nostri beneficiari o dei luoghi che tuteliamo. E al mondo profit chiedo lo stesso: noi del non profit abbiamo maggiori competenze di voi nel raggiungerli, quegli obiettivi. Solo lavorando insieme, otteniamo dei risultati reali!
Raccontaci anche delle ultime esperienze e del tuo ruolo come Direttore FR Opera Cardinal Ferrari, quali sono i tuoi cavalli di battaglia?
Lavorare in Opera Cardinal Ferrari è una vera sfida. Una realtà importante di Milano, una lunga storia di accoglienza e solidarietà, l’anno prossimo festeggiamo i 100 anni, un immenso capitale sociale, tanti donatori e tanti volontari, ma, come in tutte le grandi e storiche organizzazioni, una seria difficoltà, una vera e propria ritrosia, a strutturarsi e professionalizzarsi, come sa bene chi mi ha preceduto. E, come puoi immaginare, questo, per me, è un grande stimolo! Il mio cavallo di battaglia? Trascinare ad un cambiamento, mettendoci il massimo del mio impegno!
Tu sei una che crede molto nel fare rete e nel rapporto costruttivo tra colleghi, parlaci ad esempio di Easyfundraising oppure di cosa vorresti vedere realizzato con EUconsult Italia di cui sei socia fin dai primi momenti.
Si, credo moltissimo nella collaborazione, nel fare rete coi colleghi, sono da sempre una persona che ama condividere, non a caso sono iscritta e partecipo ad ogni realtà possibile del nostro settore. Easyfundraising è una sfida, nata per gioco e diventata, sia pur lentamente qualcosa di sempre più reale. Siamo un gruppo di colleghi che condivide prima di tutto un’idea del fundraising, di cosa sia o vorremmo fosse, mettendo le nostre esperienze e competenze a servizio del non profit e del terzo settore. Fatichiamo a trovare una strada perché voliamo alto, ma non demordiamo! In EUconsult Italia mi sono da subito trovata a casa, condividere gioie e fatiche della nostra professione è impagabile e sempre utile. Non ho molto da suggerire, di cose da fare ce ne sarebbero, certo, ma richiedono tempo e dedizione, non sarebbe giusto chiedere, sapendo di poter dare poco!
Vista la tua molteplice esperienza, non posso fare a meno di chiederti un consiglio per le giovani leve, per chi oggi si affaccia alla professione del fundraiser: cosa suggeriresti?
Ho lavorato e collaboro ancora con tanti giovani, mi piace la loro passione, quella voglia di fare impetuosa che spesso hanno. La prima cosa che mi viene in mente, però, è: ascoltate. Qualunque studio abbiate fatto, capire chi è da più tempo sul campo, rubare sapere e segreti del mestiere, imparare sul campo, come in qualunque mestiere, è la vera strada per crescere. Io lo faccio ancora, imparo sempre da chi incontro. In qualche modo, ed è il bello della nostra professione, quello che più mi piace, quando entri in un’organizzazione è come tornare indietro, ricominciare, e se hai lasciato tanto, hai certamente imparato di più!