Una bella intervista si Silvia Superbi a Francesca Mineo, direttore IFC Italy, consulente in strategie di comunicazione e fundraising per enti del terzo settore.
Buongiorno Francesca, vorrei partire dal tuo punto di vista sulla situazione che stiamo vivendo. Per noi, comunicatori, fundraiser o professionisti del Non profit è molto importante in questo momento confrontarsi e cercare insieme di capire dove stiamo andando. Dove ci porterà, secondo te, questa profonda crisi? Quali ambiti della nostra professione saranno coinvolti? Cosa dovremmo cambiare nel nostro modo di lavorare?
Stiamo affrontando una situazione mai vista prima, che non ci consente di avere molta visibilità né di fare molte previsioni. Ciascuno di noi in questo momento sta proseguendo in remoto le proprie attività tentando di garantire ai clienti accompagnamento e presenza anche se sappiamo bene quanto le relazioni siano alla base del lavoro di comunicatori e professionisti della raccolta fondi. Tuttavia, se cerchiamo di astrarci dal contingente, è indubbio che la situazione converga, per tutti, su comuni denominatori, uno opposto all’altro: la paura, che ci ha unito e ci unisce, e per contro l’opportunità che si prospetta, pur in assenza di contorni chiari. Siamo quindi consapevoli che il senso di incertezza che ci pervade è però accompagnato anche dalla possibilità di trovare soluzioni nuove: nel nostro caso riguarda senz’altro come poter assicurare la qualità delle relazioni con i destinatari della comunicazione, con i donatori, i beneficiari, gli stakeholder in generale, anche in condizioni diverse da quelle cui siamo stati abituati finora. Se ci chiedevano di essere flessibili, oggi stiamo imparando nuovi ambiti della flessibilità. Un primo insegnamento per me, che sono già abituata a pianificare, è stato quello di dare ancora più valore al tempo, utilizzarlo in modo ancora più efficiente.
In questa fase di attesa, quale ritieni sia la posizione da far assumere alle nostre organizzazioni in comunicazione? Quali sono le maggiori difficoltà? Cosa possono comunicare in questo momento ad esempio le organizzazioni che non si occupano direttamente di emergenza sanitaria? Come valorizzare il loro impegno se in questo momento l’attenzione è, giustamente, concentrata altrove?
In tempi straordinari è indispensabile comunicare, di più e meglio. Siamo tutti chiamati a un maggiore senso di responsabilità che per me significa scegliere la precisione: in stato di crisi occorre, a maggior ragione, eliminare il superfluo e mantenere l’essenziale. Non solo in virtù del senso di responsabilità e coraggio cui facevo riferimento ma anche in relazione ai nostri interlocutori che non sono disposti a ascoltare se non comunicazione dirette, vere, attendibili.
E’ il momento quindi di ripensare alla propria comunicazione, indipendentemente dall’ambito in cui si opera: senza cambiare il proprio stile occorre trovare parole nuove per raccontarsi. Dalla complessità occorre dirigersi verso la semplicità. Una semplicità carica di significati e di senso.
In tempi straordinari e sospesi quali stiamo vivendo, è il momento per le organizzazioni di dare valore alle scelte e alle persone che le animano, ripercorrere le ragioni del proprio operare a favore dei beneficiari finali attraverso una comunicazione trasparente. Aprire un dialogo nuovo, seppure a distanza, con tutti i propri portatori di interesse.
E nell’emergenza quali ritieni siano i valori che ci rinforzano come comunità? Quale può essere il contributo del Non profit e dei professionisti che lavorano con le organizzazioni del Terzo Settore ?
Prima di diventare consulente ho lavorato diversi anni all’interno di organizzazioni non profit, prevalentemente ong, capaci di affrontare simultaneamente, a distanze geografiche notevoli, crisi di vario tipo: conflitti, guerre, catastrofi naturali, epidemie. Gran parte di chi lavora nel Terzo settore è attrezzato anche psicologicamente per far fronte a queste emergenze e già oggi si vedono esempi eccellenti di collaborazione tra privato sociale e pubblico per affrontare insieme la pandemia. Non dimentichiamoci poi che molti servizi a favore di persone fragili sono garantiti, pur nelle difficoltà e nei limiti del possibile, proprio grazie alla presenza di enti o realtà territoriali anche piccole ma molto attive e a stretto contatto con i propri beneficiari. Certo, difficoltà e rischi ulteriori per le categorie più fragili non mancano, tuttavia queste esperienze devono rafforzare comunità e reti di comunità perché cooperino insieme, più di prima. A quanto ho verificato finora, anche all’interno dei soci EUconsult Italia, i professionisti che lavorano per enti del terzo settore si stanno prodigando per garantire comunque servizi, formazione, accompagnamento a clienti e non: abbiamo messo molto a disposizione di tutti, in primis le nostre conoscenze e esperienze.
Oggi ci sentiamo uniti nella solitudine del nostro isolamento forzato ma necessario. Domani dovremo far tesoro di questo senso di unità, essere capaci di ripartire insieme, in modo diverso seppure in una nuova complessità.
E in particolare, per i fundraiser, quale tipo di comunicazione promuovere in questo momento?
Comunicazione e fundrasing devono sempre camminare fianco a fianco, mai come adesso è importante che sia così. Da un lato è importante che i fundraiser, figure chiave all’interno di ogni organizzazione, fulcro di connessioni interne e esterne, rafforzino la rete di relazioni, interne e esterne per garantire un dialogo fluido e costante: come dicevamo, con donatori, beneficiari, stakeholder nel loro complesso. Creare un gruppo di lavoro ad hoc, con persone incaricate di ruoli precisi relativi a questa emergenza, potrebbe essere di aiuto, anche per monitorare le fasi della comunicazione (dalla comunicazione interna a quella digital e alle media relations).
Gli strumenti offerti dal digitale ci sono di aiuto ma, anche in questo caso, andrebbero utilizzati con ancora maggiore precisione e parsimonia ovvero senza un sovrautilizzo solo perché si è in emergenza. Meglio poche comunicazioni, precise e chiare che, ad esempio, un numero superiore a prima di newsletter ‘generiche’, poco efficaci.
Anche lo storytelling – che in questa fase dovrebbe essere più istituzionale, legato a valori e mission – dovrebbe far esprimere gli stakeholder: raccontare l’impegno, l’entusiasmo, la tenacia. Una comunicazione che quindi rafforzi il posizionamento dell’ente. Il tutto mantenendo coerenza con quanto svolto prima del Covid – 19 e assicurando continuità dopo la fase di crisi. Suggerisco poi un tono di voce rivolto alla positività, autorevole, pacato, che mostri quanto l’organizzazione sia in grado di superare ostacoli pur affrontando le attuali difficoltà.
In sintesi, se prima lo storytelling, ad esempio, era centrato sul cambiamento nella vita dei beneficiari, oggi bisogna prendere atto che la vita è già cambiata per tutti. Mai come prima d’ora siamo stati immersi tutti nella stessa condizione e quindi ne usciremo insieme.
Vorrei parlare con te anche dell’Associazione di cui siamo parte, EUconsult Italia. Mi piacerebbe sapere perché hai scelto di associarti e quali vantaggi ritieni possa darti l’organizzazione. E quale potrebbe essere il ruolo di EUconsult Italia proprio in questa difficile fase di emergenza e soprattutto nel post-emergenza? Quale supporto per i soci o quali servizi dovrebbe attivare, secondo te, per aiutare a metter ordine e comunicare tutto il nuovo che verrà?
EUconsult Italia ha sempre favorito non soltanto la crescita professionale di consulenti di alto livello, attraverso workshop e Forum ma anche momenti di confronto, formazione e networking che oggi più che mai sono necessari. Sono membro del direttivo sia di EUconsult Italia che EUConsult Europe e per quanto gli scenari e i contesti paese possano essere diversi, il dato comune è la volontà di lavorare sempre meglio per aiutare le organizzazioni a essere più forti e in generale il Terzo settore a incidere qualitativamente nelle società e nelle vite di tutti. Tutto questo già di per sé è un grande valore aggiunto che mi ha convinto ad associarmi a entrambe le realtà, nazionale e internazionale anche perché la mia società di consulenza fa parte di un gruppo con sede a Londra.
In questa fase in entrambe le organizzazioni si sta ripensando e riprogrammando il calendario di attività, non solo per garantire i servizi in essere ma per offrirne altri e nuovi: la pandemia ci ha messo tutti di fronte allo stesso nemico ma, come accennavo prima, anche di fronte a nuove opportunità. Molto di quanto programmato si sposterà online, in attesa di poter tornare a riunirci di persona a Forum o congressi internazionali. Essere vicini a tutti i consulenti, in Italia e in Europa, è il nostro primo obiettivo. Essere ancora più uniti come consulenti è l’arma vincente, saremo più forti noi a vantaggio dei nostri clienti e delle comunità.